Le “zone bianche” e l’attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica

Si definiscono “zone bianche” quelle aree del territorio comunale per cui non è prevista alcuna pianificazione urbanistica. La legge urbanistica fondamentale prescrive che ciascun comune deve essere dotato di uno strumento di pianificazione generale, esteso alla totalità del territorio comunale, che deve prevedere, per ciascuna area, una destinazione di zona omogenea (centro storico, area agricola, area di espansione residenziale, etc.) e la relativa disciplina edilizia. Si ha una “zona bianca” quando in un’area del territorio comunale non vige alcuna previsione dello strumento urbanistico locale. Si tratta pertanto di una lacuna nella pianificazione dell’attività edilizia sul territorio che si verifica in tre casi:

  1. Il territorio comunale è totalmente sprovvisto di strumenti di pianificazione;
  2. Pur essendoci uno strumento urbanistico generale, una parte del territorio è stata “dimenticata” in fase di pianificazione, ovvero non è ricompresa nella zonizzazione urbanistica;
  3. L’area è interessata da un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo di inedificabilità assoluta, decaduto e non legittimamente reiterato.

Il primo caso ricorre, ad esempio, quando un piano urbanistico decade o quando lo strumento adottato dalla giunta comunale non viene successivamente approvato dal consiglio comunale: può accadere perché, ad esempio, il piano non supera l’analisi di sostenibilità ambientale (ambito VAS), se non è compatibile con le previsioni regionali o provinciali oppure se non viene approvato dal consiglio comunale entro il termine perentorio previsto dalla legislazione regionale. Ancora, quando un piano approvato viene annullato dalla Giustizia Amministrativa o in autotutela dalla stessa amministrazione. In tali ipotesi il piano decade, il precedente strumento urbanistico – a seguito dell’adozione del nuovo piano, successivamente non approvato – perde di efficacia e il territorio comunale si ritrova sprovvisto di strumenti di pianificazione.

Caso analogo si verifica quando, pur essendoci uno strumento urbanistico generale, questo non include, per errore, una parte del territorio comunale. Se ciò accade, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere – anche su richiesta del privato – all’approvazione tempestiva di una variante allo strumento urbanistico che includa l’area inizialmente “dimenticata”; nelle more dell’approvazione di tale variante (che non ha un termine perentorio), l’area è considerata “zona bianca”.

Il terzo caso – più frequente – si verifica alla decadenza di un vincolo preordinato all’esproprio: i vincoli espropriativi imposti dallo strumento urbanistico su beni determinati hanno, per legge, durata limitata. In linea generale, la durata del vincolo è di cinque anni, alla scadenza dei quali, se non è intervenuta dichiarazione di pubblica utilità dell’opera prevista, il vincolo decade. La decadenza dei vincoli urbanistici preordinati all’esproprio comporta l’obbligo per il comune di reintegrare la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione; nel transitorio, l’area si configura come urbanisticamente non disciplinata.

Analogamente, anche la decadenza dei vincoli di inedificabilità assoluta non comporta il riacquisto della precedente classificazione urbanistica ma l’assegnazione dell’area in “zona bianca”, in attesa dell’emanazione di una variante allo strumento urbanistico che imprima la destinazione urbanistica.

Molte regioni hanno emanato delle normative residuali che disciplinano (in senso restrittivo rispetto alla normativa nazionale) l’attività edilizia nelle zone bianche. In assenza di apposita normazione regionale, e fatta salva la disciplina vincolistica e vincolante in materia di beni culturali e paesaggistici contenuta nel Dlgs 42/2004, gli interventi ammessi nelle zone bianche sono in generale quelli previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell’articolo 3 del Testo Unico dell’edilizia (DPR n. 380/2001): manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse.

Fuori dal perimetro dei centri abitati sono ammessi gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità̀ massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro nonché – unicamente in caso di interventi a destinazione produttiva – interventi che realizzino una superficie coperta non superiore ad un decimo dell’area di proprietà̀.

Si tratta in sostanza di interventi urbanistici di modesto impatto ambientale, caratterizzati da un limitato utilizzo della capacità edificatoria delle aree interessate che rispondono alla necessità di disciplinare una situazione provvisoria, nell’attesa della ripianificazione urbanistica delle aree.

Fonti:

  • Consiglio di Stato IV, n. 3684 del 24 agosto 2016
  • Consiglio di Stato Sez. IV, sent. n. 1461 del 12-03-2010 (ud. del 26-01-2010)
  • Consiglio di Stato, 12 ottobre 2010, n. 7442; id.,   28 aprile 2010, n. 1405
  • Consiglio di Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4426
  • D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, T.U. delle norme in materia di espropriazione per pubblica utilità, art 9;
  • Legge n. 1150 del 1942, art. 7
  • Legge n. 1187 del 1968, articolo 1
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