L’iter di approvazione di uno strumento urbanistico è composto da una serie di step sequenziali, che iniziano con l’adozione della proposta di PRG da parte del Consiglio Comunale e proseguono con la pubblicizzazione del piano sull’albo pretorio, per consentire la presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati. Segue la disamina delle controdeduzioni promosse dai cittadini, la verifica della compatibilità con le previsioni sovracomunali e la definitiva l’approvazione del piano, con pubblicazione sull’albo pretorio e sul bollettino regionale.
L’adozione di un nuovo piano (primo step) non comporta tuttavia l’immediata decadenza dello strumento vigente, per cui nel periodo (a volte piuttosto lungo) che intercorre tra l’adozione del nuovo strumento e la sua approvazione (rispettivamente, primo ed ultimo step) ha ancora piena efficacia il piano preesistente, che viene tuttavia “affiancato” dal piano in corso di approvazione. Si ha quindi la compresenza, pro tempore, di due strumenti urbanistici entrambi efficaci, con la conseguenza che l’amministrazione comunale è obbligata ad esercitare azioni specifiche con l’obiettivo di evitare che l’assetto fissato dai piani adottati ma non ancora approvati possa risultare compromesso dal rilascio di provvedimenti concessori (essenzialmente, permessi a costruire).
Si tratta della cosiddetta misura di salvaguardia, la cui procedura è disciplinata a livello nazionale dall’art..12, comma 3, del D.p.r. n.380/2001, oltre che da specifica legislazione regionale.
L’applicazione della misura è di competenza del dirigente dell’ufficio tecnico comunale e prevede che si debba sospendere ogni determinazione sulle domande di costruzione se gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia che ne formano oggetto risultino in contrasto con il piano in itinere.
Questo si traduce nella necessità che le domande di permesso a costruire presentate in un Comune nel quale vi sia un Puc adottato ed un Puc previgente siano rispettose e conformi ad entrambe le previsioni degli strumenti urbanistici, applicando, per prassi consolidata, la disposizione più restrittiva tra le due. I due strumenti urbanistici vanno quindi considerati come due filtri successivi: se la pratica non supera il primo filtro (il piano urbanistico previgente) è respinta senza passare attraverso il secondo (il piano urbanistico adottato, in salvaguardia).
Solo nel caso in cui nei confronti dello strumento urbanistico vigente non si evidenzino i presupposti per un diniego si procede, obbligatoriamente, ad un esame di conformità della richiesta di permesso a costruire con lo strumento urbanistico adottato. In caso di doppia conformità si potrà procedere con il rilascio o, in alternativa, saranno attivate le misure di salvaguardia mediante provvedimento di sospensione. La ripresa dell’iter della domanda del titolo abilitativo sospeso si avrà a seguito dell’approvazione definitiva dello strumento urbanistico oppure, viceversa, a seguito della mancata approvazione del piano entro cinque anni dall’adozione (decadenza), annullamento o revoca dello strumento adottato.
Le misure di salvaguardia hanno tuttavia un’efficacia meramente provvisoria, fissata dal TU in materia di edilizia in tre anni dall’adozione dello strumento urbanistico, cinque anni dal momento in cui il piano viene sottoposto all’approvazione dell’amministrazione competente oppure in un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.
Infine, secondo la giurisprudenza, l’istituto della misura di salvaguardia ha valenza generale e, come tale, è riferibile a qualsiasi atto dell’amministrazione che possa comportare una modifica dello stato di fatto o di diritto dei suoli difformemente dalle previsioni del piano in corso di approvazione.
Di conseguenza esso risulta applicabile non solo al permesso di costruire, ma anche alla denuncia di inizio attività, oggi sostituita dalla Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) e dalla Segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Appare chiaro come, in questi ultimi casi, ai sensi dell’art. 23 del T.U. edilizia (D.p.r. 380/2001) non si tratterebbe più di un provvedimento di sospensione ma di una vera e propria ingiunzione a non eseguire le opere, quindi assimilabile ad un diniego che va a neutralizzare la specificità propria della misura di salvaguardia.
Un’ultima riflessione può essere fatta in riferimento a quegli interventi edilizi già avviati antecedentemente all’ approvazione del piano: la misura di salvaguardia è riferita all’istanza di rilascio del permesso (o di qualsiasi altro titolo abilitativo) e quindi non opera quando tale permesso sia stato già rilasciato al momento dell’adozione del piano.
In quel caso, infatti, il rilascio era subordinato alla valutazione dello stato di fatto e di diritto all’atto della presentazione della domanda di permesso, così come previsto dalla normativa.
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Fonti:
- D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia;
- Legge n. 1902/1952;
- Legge regionale Veneto 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio”
- Legge Regionale Campania 22 dicembre 2004 n. 16 “Norme sul governo del territorio”
- TAR Toscana, Sez. III, n. 27, del 13 gennaio 2015
- TAR Sicilia, Sez. I, n. 1878, del 9 luglio 2015
- Tribunale Catanzaro, Cass. Sez. III n. 6891 del 14 febbraio 2017 (Cc 25 ott 2016)
- Manuale operativo del Regolamento 4 agosto 2011 n. 5 di attuazione della L.R. 16/2004 in materia di Governo del territorio – Regione Campania